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La presa in carico del Mesotelioma Pleurico Maligno: il punto della situazione alle soglie del 2014

Una revisione della letteratura scientifica corrente consente di sottolineare in modo riassuntivo gli ultimi aggiornamenti relativi alla presa in carico del Mesotelioma Pleurico Maligno (MPM).
Verranno pertanto riassunti di seguito i punti chiave noti al mondo scientifico, aggiornati al Dicembre 2013, per definire schematicamente la presa in carico del MPM alle soglie del 2013.

Introduzione

Come è noto, il mesotelioma è una neoplasia considerata rara che si sviluppa a partire dalle cellule mesoteliali che rivestono la superficie della cavità pleurica , meno frequentemente a partire dalla superficie peritoneale e molto raramente a partire dalla tunica vaginale o del pericardio.
Questa neoplasia ha una prognosi infausta (1) e i trattamenti attualmente utilizzati nella pratica clinica non hanno ancora portato alla cura definitiva di questa patologia (2,3).
Molti pazienti con MPM (Mesotelioma Pleurico Maligno) presentano dei sintomi che si sviluppano gradualmente e che spesso sono di tipo respiratorio (dispnea, tosse, dolore toracico). Sovente la presenza dei sintomi conduce alla diagnosi di malattia intratoracica estesa.
Per quanto riguarda la diagnosi, è utile sottolineare che le caratteristiche tipiche dell'imaging correlate ad una storia di esposizione all'asbesto devono sempre suscitare nel clinico il sospetto di un MPM. Tuttavia, la diagnosi di certezza è data dall'analisi istologica di un adeguato campione di tessuto neoplastico.
La stadiazione del MPM segue il sistema di staging ampiamente utilizzato dall'International Union Against Cancer (UICC) and the American Joint Committee on Cancer (AJCC) e definito come TNM: T(Tumore), N (linfoNodi), M (Metastasi) (4).
L'approccio clinico del MPM si fonda su un trattamento multidisciplinare basato sulla valutazione dell'estensione della malattia, sulle condizioni generali del paziente (incluse la funzione cardioplomonare e le altre comorbidità) e sul suo consenso ad un trattamento più o meno aggressivo. Non bisogna mai dimenticare, infatti, di valutare i desideri e le aspettative del paziente, per garantirgli la miglior qualità di vita possibile, definita secondo i suoi personali parametri.
Una volta valutati questi parametri è possibile distinguere i pazienti in sottogruppi a seconda del trattamento che potrebbe essere loro proposto: chirurgia o trattamento chemioterapico sistemico.
Diversi studi hanno valutato svariati parametri clinici e patologici con lo scopo di identificare pazienti con una buona o una cattiva prognosi. Queste caratteristiche dotate di valore prognostico vengono definite come “fattori prognostici”.
Il Cancer and Leukemia Group B (CALGB) e l'uropean Organization for Research and Treatment of Cancer (EORTC) hanno identificato fattori prognositici clinici che si sono rivelati molto interessanti (5-7). Il fattore prognostico più noto attualmente è l'istologia; infatti, pazienti affetti da mesotelioma sarcomatoide piuttosto che bifasico sembrerebbero avere una peggior prognosi rispetto a malati di mesotelioma con istologia epitelioide.

Attualmente sono in corso di studio anche moltissimi marcatori biomolecolari che potrebbero rivelarsi sia fattori prognositici che fattori predittivi, cioè in grado di identificare quali malati rispondano ad un trattamento piuttosto che ad un altro (8,9).
Fondamentale per la valutazione dell'efficacia del trattamento è la definizione del beneficio clinico, che viene definito come:

    tasso di risposta alla terapia,
    tasso di controllo della malattia,
    sopravvivenza libera da progressione,
    sopravvivenza globale (10,11).

Per misurare il tasso di risposta esistono attualmente due metodiche di misura radiografiche utilizzate per la valutazione della Tomografia Computerizzata (TC): il sistema RECIST e il sistema RECIST modificato (12,13, 14).
Oltre al TC, altre modalità radiografiche vengono attualmente impiegate; per esempio la PET/CT (Tomografia Computerizzata con Emissione di Positroni).
La PET è in grado di definire l'attività metabolica dell'organismo, valutando il consumo di uno zucchero radiomarcato che viene iniettato come mezzo di contrasto poco prima di eseguire le scansioni (15). Tuttavia, vi sono studi che sottolineano l'importanza di vautare le risposte della PET sono da parte di esperti, perché non può essere considerato come esame gold standard diagnositico, poiché sono stati descritti diversi casi di falsi positivi e negativi (16).
L'importanza di questo esame di medicina nucleare è sicuramente volto alla valutazione della risposta alla malattia, dell'attività tumorale, o della recidiva, ma per la diagnosi la metodica standard rimane la conferma istologica.
Esistono anche delle metodiche biomolecolari molto promettenti, come per esempio la misura dei livelli sierici del peptide solubile mesotelina-correlato (mesothelin-related peptide SMRP) (16).

Chirurgia

Pazienti candidabili alla chirurgia
Si tratta di pazienti che hanno una patologia chirurgicamente resecabile, limitata ad un emitorace e che non hanno una controindicazione alla chirurgia.
In questi casi è possibile proporre un trattamento con approcci multimodali che coinvolgono un intervento chirurgico che sia mirato alla massima resezione completa (MCR: Maximal Complete Resection) associato ad una chemioterapia ed al trattamento radioterapico.
Pazienti non candidabili alla chirurgia
Si tratta di pazienti che hanno una patologia tale per cui non sia possibile attuare una chirurgia mirata ad una massima resezione completa, oppure che non sono candidabili per la chirurgia in generale in quanto anziani, con una riserva cardioplomonare inadeguata o con altre comorbidità.
In questi casi un trattamento chemioterapico sistemico ed una terapia diretta al miglioramento dei sintomi risultano i migliori approcci terapeutici che possano portare ad un reale beneficio clinico.

Chemioterapia

Il trattamento chemioterapico del MPM è attualmente volto a preferire una combinazione di farmaci piuttosto che la somministrazione di un singolo agente. Infatti, la chemioterapia combinata, utilizzando lo schema terapeutico del Cisplatino in aggiunta al Pemetrexed, con la somministrazione profilattica di Vitamina B12 ed acido folico (19), è a tutt'oggi lo standard di cura per pazienti con malattia non resecabile o con controindicazioni alla chirurgia. Questa scelta è basata su uno studio che ha dimostrato l'incremento della sopravvivenza con questa doppietta rispetto alla somministrazione del cisplatino da solo.
Altri regimi terapeutici a base di platino si sono dimostrati utili, ma non sono necessari ulteriori studi per definirne la reale efficacia(19).
La combinazione di Raltitrexed più Cisplatino miglira la sopravvivenza se paragonata alla somministrazione di solo Cisplatino, in pazienti con MPM avanzato che non sono stati trattati precedentemente (27,28).
La Gemcitabina in associazione al Platino ha dimostrato dei tassi di risposta con livelli di tossicità accettabili (29-35).
Il Cisplatino è stato studiato anche in associazione con altri agenti chemioterapici più datati come la doxorubicina o l'epirubicina, la combinazione di fluoruracile, mitomicina più etoposide, e la combinazione di metotrexate e vinblastina (36-41).
Il ruolo del trattamento chemioterapico di mantenimento con il pemetrexed, dopo aver completato quattro o sei cicli di terapia con una doppietta a base di platino, risulta ancora controverso (19).
E' importante ricordare che questi trattamenti non sono scevri da tossicità, sebbene il trattamento profilattico con acido folico e vitamina B12 abbia migliorato questi effetti collaterali (20-21).
Qualora si vogliano diminuire gli eventuali effetti collaterali, è possibile somministrare il Carboplatino in sostituzione del Cisplatino in associazione al Pemetrexed (23-25). I tassi di risposta al trattamento sembrerebbero essere sovrapponibili e, dunque, il Carboplatino può essere considerato una buona alternativa terapeutica soprattutto per pazienti che non hanno buone condizioni generali e tollererebbero a fatica gli effetti secondari del Cisplatino.
Sebbene i trattamenti con singolo farmaco chemioterapico siano considerati inferiori alle doppiette, hanno tuttavia un ruolo nella seconda linea di trattamento 10. Agenti che sono stati valutati e che possono essere impiegati in questo scopo sono infatti il cisplatino (42), il carboplatino (43-44), il pemetrexed (45-50), il metotrexate (51), l'edatrexate (52), il raltitrexed (53), la gemcitabina (54-56), le antracicline (57-59) e gli alcaloidi della vinca (56,60,61).
Non sono ancora definiti dei biomarcatori predittivi di risposta alla chemioterapia, sebbene la ricerca si stia muovendo in questo campo. Per esempio, i livelli sierici di timidilato sintetasi sembrerebbero correlare con una miglior risposta alla chemioterapia ed una miglior prognosi (22).

Approcci Sperimentali

Moltissimi nuovi approcci sperimentali sono attualmente in corso di studio per migliorare il trattamento della terapia sistemica del MPM.
Tra i nuovi agenti ricordiamo gli inidbitori dell'angiogenesi, come per esempio il bevacizumab (62) o la talidomide (63).
Inoltre, gli inibitori della tirosin chinasi potrebbero essere moltro promettenti e tra questi vi sono per esempio il sorafenib (64), il sunitinib (65), l'imatinib (65-67), il vatalanib (68) ed il cediranib(69).
Nuove prospettive terapeutiche sono anche legate all'inibizione dell'istone deacetilasi, ottenuta grazie a farmaci quali il vorinostat (70-71).
Non da ultimo l'approccio immunoterapico potrebbe rivelarsi molto utile nella cura di questa patologia sia da solo, sia in associazione con la chemioterapia (72-77).

Conclusioni

Il MPM non è più da considerarsi malattia rara a causa dell'incremento della sua incidenza e dell'aumento della capacità diagnostica.
E' importante sottolineare che esistono linee guida di trattamento seguite dai clinici, perché attualmente considerate il miglior approccio terapeutico basato sull'evidenza scientifica. Non esiste a tutt'oggi un trattamento che porti alla guarigione completa del MPM in stadio avanzato, ma diversi sono gli approcci terapeutici che consentono di cronicizzare il più possibile questa malattia.
E' fondamentale prestare attenzione alle decisioni e alle aspettative personali del paziente per prendersi cura al meglio dei suoi sintomi ed ottimizzare la sua qualità di vita.
Nuovi approcci sperimentali sono in corso di studio e risultano molto promettenti, sebbene non siano attualmente ancora riconosciuti come standard per il trattamento del MPM.
Tuttavia, prospettive future sembrano aprirsi alle soglie del 2014 e, mentre la ricerca avanza sul bancone del laboratorio, si spera che i suoi prodotti diventino velocemente efficaci strumenti di pratica clinica.

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