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Trattamento Radioterapico per il Mesotelioma Pleurico Maligno

Cappello

Le patologie neoplastiche sono trattate con differenti approcci a seconda dello stadio della malattia; pertanto, esistono tumori in stadio precoce aggrediti da terapie a scopo radicale, come per esempio la chirurgia e la radioterapia, e vi sono tumori in stadio avanzato o metastatico che sono solitamente sottoposti a trattamenti palliativi, come la chemioterapia, l'immunoterapia o la radioterapia.
Il mesotelioma pleurico maligno (MPM) ha una prognosi infausta e solitamente viene diagnosticato in fase tardiva, quando la malattia è già in stadio avanzato e non può essere sottoposta ad intervento radicale tramite un approccio chirurgico. Dunque, la maggior parte dei pazienti affetti a MPM viene trattata con chemioterapia sistemica o protocolli sperimentali, che hanno comunque un mero scopo palliativo, oltre al fine di cronicizzare la malattia per un periodo di tempo che sia il più lungo possibile.
Tuttavia, anche la radioterapia riveste un ruolo nel trattamento del MPM e può essere utilizzata in setting differenti e con finalità anche opposte.
Questa revisione bibliografica ha lo scopo di valutare gli ultimi studi pubblicati su riviste scientifiche che indagano il ruolo del trattamento radioterapico nell'ambito del MPM.

Introduzione

Il MPM è una neoplasia considerata resistente al trattamento con radioterapia. Infatti, diversi studi hanno dimostrato un minimo beneficio di questo approccio associato agli altri trattamenti standard, solitamente attuati in questo ambito1 . Inoltre, molto spesso si posticipa l'utilizzo della radioterapia per la tossicità non indifferente che questo trattamento può comportare a livello del polmone.
Un effetto collaterale comune sono infatti le polmoniti post attiniche2. Già nel 1991 sono stati riportati degli studi che evidenziano la tossicità polmonare, causata dalla radioterapia applicata a livello di un intero emitorace: questi dati sottolineano come questo trattamento comporta un danno polmonare moderato-severo ed irreversibile nella maggior parte dei pazienti sottoposti a radioterapia3.
Pertanto, la radioterapia viene considerata prevalentemente nel setting delle cure palliative, come per esempio per il controllo del dolore .4.
Tuttavia, recenti pubblicazioni hanno definito che tale raccomandazione andrebbe modificata, poiché si è notato che i pazienti sottoposti a radioterapia a scopo palliativo ottenevano anche una buona risposta a seconda della somministrazione di specifici dosaggi .5.
Sono stati condotti anche degli studi in vitro che hanno valutato l'utilità della radioterapia sulle linee cellulari di mesotelioma maligno6. Questi dati hanno descritto la sensibilità di cellulare di mesotelioma al trattamento radioterapico ed è stato dimostrato che dopo due somministrazione di 2 Gy di radiazioni, circa il 60-80% delle cellule di mesotelioma subiva un danno che comportava l'incapacità di generare nuove colonie7.
A questo proposito, sono stati effettuati anche degli esperimenti su linee cellulari di modelli murini, che hanno dimostrato una sopravvivenza cellulare solo nel 10% dei casi dopo somministrazione di 5 Gy di radioterapia8.
E' interessante notare che alcuni autori hanno anche provato che esiste un'attivazione sistemica ed un incremento della proliferazione delle cellule del sistema immunitario (T-cell), in modelli murini in cui venivano iniettate sottocute delle cellule preventivamente irradiate in vitro con 5-15 Gy9 .
Se si applicano queste ricerche effettuate su linee cellulari murine a quelle umane, si osserva che la sensibilità alla radioterapia è strettamente dipendente dal sottotipo istologico del MPM. Per esempio, la somministrazione di 25 Gy in vitro determina un incremento del rilascio dei segnali di danno, come per esempio la HMGB1 (high mobility group box 1), soprattutto in caso di cellule di MPM epiteliale e non in quelle sarcomatoidi. Poiché il rilascio di HMGB1 è considerato un fattore proinfiammatorio in grado di attivare le cellule dendritiche e di indurre una risposta immunoterapia contro il tumore, l'assenza di HMGB1 nel MPM sarcomatoide potrebbe spiegare la differente sensibilità dei due sottotipi istologici alla radioterapia10.
I farmaci che agiscono sul ciclo cellulare potrebbero incrementare la sensibilità alla radioterapia e questo è stato testato su linee cellulari di MPM11 12 13. Infatti, il trattamento radioterapico induce un danno a livello del DNA attraverso la generazione di radicali liberi dell'ossigeno, causando conseguentemente morte cellulare14 15. I trattamenti che agiscono inibendo il riparo del DNA o incrementando la morte cellulare, lavorano, dunque, in sinergia con la terapia radioterapica. Anche in questo caso i dati sono, tuttavia, discrepanti, poiché questo è stato osservato soprattutto nelle linee cellulari di MPM epitelioide e non in quello sarcomatoide. Questa differenza potrebbe essere legata al fatto che i tumori sarcomatoidi sono caratterizzati da una capacità di resilienza che consente loro di difendersi dal danno al DNA più di quanto accade per gli istotipi sarcomatoidi. Un'altra spiegazione della resistenza del fenotipo sarcomatoide alla radioterapia sembrerebbe legata all'influenza dell'espressione e del rilascio di fattori di crescita dei fibroblasti16.

Radioterapia profilattica

Nel caso di interventi chirurgici o di procedure diagnostiche interventistiche, è possibile che si verifichi una disseminazione delle cellule tumorali a livello del sito in cui è avvenuto tale approccio.
Il rischio di disseminazione locale in corso di biopsia aumenta con l'estensione della procedura e varia da un 10% in caso di biopsia transparietale, 13% in caso di pleuroscopia, fino ad un 26% qualora venisse effettuata una toracotomia17.
Il tratto metastatizzato può causare gravi problemi non solo legati al peggioramento della stadiazione e della prognosi, ma anche alla qualità di vita, poiché può essere causa di vari sintomi tra cui il più frequente è il dolore.
Per questo motivo, la radioterapia profilattica ha un ruolo in questi pazienti, poiché riduce il rischio di metastatizzazione conseguente a queste procedure diagnostiche o terapeutiche.
I primi dati relativi a queste scoperte sono stati pubblicati nel 1995; gli autori hanno dimostrato che una riduzione di questa disseminazione potrebbe essere legata alla ridotta angiogenesi ed al diminuito rilascio di fattori di crescita tumorali che si verificano grazie all'utilizzo del trattamento radioterapico18.
Tuttavia, questi dati risultano discordanti, in quanto altri studi non hanno confermato queste ricerche ed anzi non hanno dimostrato una differenza in termini di diminuzione del rischio di metastatizzazione dopo procedura invasiva, tra il gruppo di pazienti trattati con radioterapia e quello di controllo19 20 21 22 23 34 25 26.

Radioterapia palliativa

Si parla di radioterapia palliativa per i pazienti affetti da MPM quando si intende un trattamento che mira, per esempio, alla gestione del dolore, della disfagia, dell'ostruzione delle vie aeree ed al sollievo dalla compressione della vena cava27. Il trattamento radioterapico, infatti, è in grado di apportare un miglioramento della sintomatologia importante per il paziente e, sebbene in questo setting non comporti un aumento della sopravvivenza, tuttavia, è un metodo efficace per il miglioramento della qualità di vita. In realtà, la radioterapia può essere utilizzata a scopo palliativo anche per trattare le metastasi a distanza, come per esempio nel caso di lesioni ossee o encefaliche. In questo caso, la radioterapia mira a bloccare la lesione secondaria, a migliorare la sintomatologia eventualmente presente, ma anche a ridurre gli eventuali sintomi e segni che potrebbero svilupparsi in futuro, a causa di queste metastasi, e che potrebbero comportare un ulteriore peggioramento della qualità di vita del paziente28 29 30 31.
E' stato dimostrato infatti che, soprattutto per le istologie non-sarcomatoidi, il trattamento radioterapico palliativo era utile e la sensibilità alla radioterapia correlava con il miglioramento delle condizioni generali del paziente e, cioè, comportava un beneficio clinico evidente32 33 34.

Radioterapia adiuvante

Con radioterapia adiuvante, si intende un trattamento che viene somministrato dopo la chirurgia per "adiuvare" l'approccio chirurgico e consentire di avere un miglior outcome.
Il Memorial Sloan Kettering Cancer Center (MSKCC, New York City, NY, USA) è stato pioniere nello studiare questa techinca35 36 37 38 39 40.
L' approccio radioterapeutico può anche essere utilizzato intraoperatoriamente, tuttavia, è stato dimostrato che tale opzione non è un trattamento efficace e può causare anche delle complicanze importanti quali l'empiema pleurico41 42 43.
L'utilizzo della radioterapia adiuvante emitoracica ad alte dosi stemprerebbe comportare una riduzione del rischio di recidiva; infatti, alcuni autori riportano che con questo trattamento il rischio di ricaduta locoregionale è circa del 15%44 45 46.
La IMRT è la radioterapia a intensità modulata ed è stata applicata anche come terapia emitoracica ad alte dosi ed ha dimostrato un beneficio in termini di riduzione della ricaduta, soprattutto quando applicata a livello della base della gabbia toracica, zone in cui il rischio di ripresa di malattia locoregionale è più alto47 48 49.
E' importante ricordare che tali trattamenti non sono scevri da rischi. Sono stati riportati in letteratura, per esempio, casi di polmonite letale controlaterale, soprattutto dopo l'utilizzo della radioterapia eseguita dopo pneumonectomia extrapleurica50 51 52. Per questo motivo, è cruciale il corretto dosaggio della dose radioterapica applicata oltre che una attenta valutazione della funzionalità respiratoria del paziente53 54 55.
Atri autori hanno, invece, dimostrato come la radioterapia, ed in particolare quella ad intensità modulata, possa essere un approccio facilmente tollerato dai pazienti con un rischio non così elevato di polmoniti postattiniche56 57 58 59 60 61 62.
Inoltre, una più innovativa tecnica permetterebbe di ridurre ulteriormente il rischio di complicanze: si tratta della VMAT (volumentric-modulated arc therapy)63 64 65.
E' stato descritto un aumento del controllo della malattia nei pazienti che eseguivano radioterapia adiuvante66 67.
Con questa finalità, nuovi studi randomizzati e prospettici di associazione tra chemioterapia e radioterapia adiuvante, potranno eventualmente fornire dei dati di efficacia maggiori68 69 70 71 72 73 74. Con questa finalità, nuovi studi randomizzati e prospettici di associazione tra chemioterapia e radioterapia adiuvante, potranno eventualmente fornire dei dati di efficacia maggiori75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86.
Radioterapia di induzione

La terapia trimodale è costituita dall'applicazione di chemioterapia, seguita dalla pneumonectomia extrapleurica e dalla radioterapia emitoracica adiuvante ad alte dosi.
L'utilizzo della terapia in questo setting ha comportato una miglior sopravvivenza e controllo locale della malattia87. Sulla base di queste ricerche è possibile ipotizzare che il trattamento radioterapico possa essere applicato anche negli stadi precoci di MPM, piuttosto che utilizzare la chemioterapia: questo setting di terapia è definito "di induzione"88 89.
Negli studi riguardanti l'applicazione del trattamento radioterapico in questo setting, le complicanze chirurgiche, verificatesi dopo il trattamento di induzione tramite radioterapia, erano simili a quelle registrate dopo il trattamento chemioterapico adiuvante90.
Anche in questo caso i pazienti con MPM epitelioide avevano un outcome migliore di quelli con altra tipologia istologica91.
Diversi studi hanno sottolineato come il volume tumorale sia correlato con l'outcome e possa essere anche un fattore che possa guidare nella scelta di sottoporre un paziente a radioterapia di induzione o meno92 93 94 95. Al contrario, gli stessi dati non possono essere traslati alla risposta alla chemioterapia che invece non è dipendente dal volume della neoplasia come accade per la radioterapia e la chirurgia96. Questi dati indicano che i pazienti con malattia localizzata potrebbero essere dei buoni candidati al trattamento radiante di induzione, mentre quelli con un grande volume tumorale potrebbero piuttosto beneficiare della chemioterapia97.

Conclusioni

Tra le prospettive future vi è la possibilità di associare i trattamenti standard per il MPM, come la radioterapia, a trattamenti immunitari98 99 100. Negli ultimi quindici anni il ruolo della radioterapia nel MPM è incrementato, supportato anche dalle evidenze scientifiche dimostrate in vari setting di trattamento.
Tuttavia, il reale beneficio di questa metodica non è ancora completamente definito per questa tipologia neoplastica, ma nuovi approcci innovativi, come per esempio la IMRT a livello pleurico e la radioterapia indotta accelerata emitoracica effettuata dopo chirurgia, potrebbero essere fattibili e ben tollerate.
Nuovi studi consentiranno di rispondere ai quesiti per ora irrisolti.

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